AVERAVENNA: ALLA RICERCA DEL DOLIO PERDUTO
DAL 2013 NESSUNA
TRACCIA DEL REPERTO ARCHEOLOGICO DI VIA D'AZEGLIO
Poteva essere il primo reperto archeologico del genere
rinvenuto a Ravenna.
Siamo nell'antica via delle “Calegarie” attuale via
D'Azeglio, dove nel 1500 si trovavano le concerie di pelli, situate all'altezza
della chiesa dei S.S. Giovanni e Paolo, verso le mura cittadine.
Nel 1606, le botteghe calegarie, a causa delle
lamentele provocate dai miasmi prodotti dagli scarti di lavorazione delle pelli,
furono trasferite nella via delle cure, attuale via Cura.
Alla fine del 2013 le tracce delle concerie sono
tornate alla luce tramite scoperta casuale nel corso di lavori in un cantiere
di HERA per interrare le condutture di teleriscaldamento. Dal sottosuolo è
spuntato un dolio, un orcio-contenitore in terracotta, molto grande, utilizzato,
nel tempo, come un pozzetto per la decantazione delle acque reflue.
Il cantiere edile fu bloccato dalla Soprintendenza per
consentire il recupero, in emergenza, dell’orcio in terracotta. Nuovamente il
dito fu puntato sulla mancanza della Carta delle potenzialità archeologiche della
città di Ravenna, quando invece le città di Cesena e Faenza ne sono dotate da
ben 15 anni.
La Carta delle potenzialità archeologiche è uno
strumento di tutela e valorizzazione del bene archeologico; “in mancanza di un
tale strumento l'intervento della Soprintendenza si realizza sempre a
posteriori, con un fermo-lavori o con un rallentamento delle attività di
cantiere, sia con danno economico degli operatori che con la perdita di molti
beni archeologici”.
Ricordiamo che proprio nella vicina via Barbiani,
grazie alla segnalazione di un muratore, vennero trovati i resti di quella che
oggi è chiamata la DOMUS DEI TAPPETI DI PIETRA.
Mentre un altro ritrovamento archeologico casuale, è
avvenuto durante lo scavo per la realizzazione dell'isola ecologica in piazza
Anita Garibaldi, dove si rinvennero i mosaici pavimentali di una ulteriore
domus. Anche qui grazie alla sensibilità e dovere civico di un cittadino si
intervenne di nuovo in emergenza.
Quanto e quale meraviglioso patrimonio collettivo è
stato e sarà tombato, disperso per sempre, se nel corso di uno scavo è
ritrovato un reperto antico che non viene segnalato?
All'oggi Averavenna si interroga, dopo tre anni per
conoscere dov'è quel dolio?
La Soprintendenza denuncia “musei stipati, magazzini
che traboccano di piccoli tesori non degni di esposizione, affidamenti ad Enti”,
ma innanzitutto afferma che “i reperti devono essere tutelati e valorizzati”.
La Carta delle potenzialità archeologiche di Ravenna, doveva
essere pronta per lo scorso ottobre 2015: che fine ha fatto?
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